La Comunicazione Gentile in sala parto:
Katia Papile, ostetrica, racconta l’importanza dell’empatia durante la nascita

La comunicazione gentile in sala parto | Bambino appena nato

Abbiamo bisogno di gentilezza anche per lasciare la pancia e affacciarci al mondo. Un bisogno fondamentale tanto per le madri, quanto per i bambini e le bambine. Chi ha vissuto l’esperienza di diventare mamma probabilmente lo sapeva già, ma se dovesse esserci ancora chi manifesta dubbio sull’importanza di comunicare con gentilezza o di allenare l’empatia abbiamo un’ulteriore conferma.

Dopo aver conosciuto Katia Papile, Ostetrica presso l’Ospedale di Pescara, abbiamo deciso di affrontare il tema della comunicazione gentile in sala parto, un argomento del quale oggi si parla tanto, ma soprattutto un ingrediente fondamentale per favorire la relazione di fiducia tra l’ostetrica e la mamma.

Una relazione, a ben guardare, particolare: al contrario di tante altre ha i minuti contati, ma è necessaria al fine di rendere l’esperienza della nascita positiva per la mamma e il suo/a bambino/a.

Katia Papille in sala parto
Katia Papile in sala parto

Partiamo dalle presentazioni: chi è Katia Papile?
Sono un’ostetrica ed ho 33 anni! Oltre a questo sono un’eterna sognatrice! Sempre con la testa in movimento pensando alle mille cose interessanti che ci circondano e che mi piacerebbe conoscere!

Ci siamo incontrate in occasione della prima Human Library a Pescara. Di te ci ha colpite la dolcezza e il modo con il quale ti sei avvicinata alla nostra scuola. Poi abbiamo scoperto che dolcezza e empatia sono ingredienti segreti del tuo lavoro. Ma che cos’è secondo te l’empatia?Per come la vedo io è uno strumento che permette di approcciare l’altra persona in maniera “naturale”, creando un clima disteso capace di farla sentire inclusa, compresa e non giudicata.

Sentiamo spesso dire che l’empatia è importante, essere empatici è un valore aggiunto, una chiave che apre innumerevoli porte. È davvero così e perché?
Credo proprio di si! Riuscire a mettersi in sintonia con l’altra persona permette di instaurare una “relazione di fiducia”, un ambiente quasi confidenziale che “riduce le distanze” tra due individui e che permette di condividere determinate situazioni.

Aiuti le donne in uno dei momenti più delicati e al tempo stesso naturali della vita umana: il parto. Cosa rappresenta questo per te?
Il lavoro che svolgo, mi piace definirlo “un onore”! È una grandissima responsabilità ma anche un enorme privilegio poter assistere al verificarsi della più meravigliosa tra le manifestazioni della natura! Ogni giorno insieme alla divisa si indossa una bella carica di adrenalina! Non è facile trovare ambienti lavorativi in grado di regalare le emozioni che si provano in una sala parto! E la cosa più incredibile è che puoi aver provato quella sensazione 100 volte, eppure ad ogni nascita la stretta al cuore è sempre la stessa!

Abbiamo definito la comunicazione gentile “un modello comunicativo basato sulla consapevolezza dell’esistenza dell’altro/a e di tutto ciò che lo caratterizza” (dubbi, paure, incertezze, bisogni, opinioni, ecc.). Quanto è importante, secondo la tua esperienza, adottare un modello comunicativo di questo tipo?
Credo sia semplicemente fondamentale! Dovrebbe essere spontaneo eppure nel frenetismo della vita quotidiana capita di dimenticare che ognuno di noi custodisce un vissuto ed un mondo interiore, agli altri sconosciuto, ma che, in quanto tale, merita di essere rispettato. Questo purtroppo non è facile e non è immediato! Nella maggior parte delle situazioni le tempistiche dettate, i ritmi stressanti, il carico di impegni… ci portano ad avere un atteggiamento tendenzialmente superficiale e giudicante che, viziosamente ci allontana dall’altro vietandoci la possibilità di conoscerlo e vietandogli la possibilità di essere compreso.

Katia Papile in ospedale con colleghe e colleghi
Katia Papile in ospedale con colleghe e colleghi

Un linguista di nome John Austin alla metà degli anni ’50 tenne una conferenza all’Università di Harvard dal titolo: “Come fare cose con le parole”. Il suo intento era uno: dare prova che attraverso le parole influenziamo il corso delle cose, le azioni che le persone scelgono di compiere o non compiere e così via. Immaginiamo che ogni giorno, nell’assistere donne che danno alla luce i/le propri/e bambini/e le parole siano uno strumento fondamentale per incoraggiare, aiutare, sostenere. Come scegli quelle giuste?
Non so se scelgo quelle giuste!!! Quello che mi propongo di fare è cercare di pormi in un’ottica positiva, con l’obiettivo di far scoprire loro il lato migliore della situazione! Accanto alle parole, è scontato dirlo, un ruolo fondamentale è rivestito dalla cornice con la quale queste vengono esposte! Il tono della voce, lo sguardo, l’atteggiamento… la comunicazione non verbale gioca un ruolo fondamentale nella costruzione di una qualsiasi relazione. Mi diverte sempre assistere a come la predisposizione dell’altro muti fulmineamente al mutare del nostro atteggiamento! Anche semplicemente un sorriso, uno sguardo confortante, cambiano improvvisamente l’espressione del volto di chi guardiamo! Se a questi poi accompagniamo dei termini a loro famigliari e confortanti sarà più facile stabilire quella “relazione di fiducia” di cui parlavamo e che, in ambito ospedaliero è basilare.

Allenare l’empatia: che consigli daresti per potenziare questa competenza?
Credo semplicemente provare a porsi in maniera “umile” e priva di pregiudizi nei confronti dell’altro.  Immedesimarsi nella sua situazione senza lasciarsi travolgere da questa!

 

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