Non si fa credito a nessuno! 5 consigli per rispettare il diritto d’autore in fotografia

Consigli utili per rispettare il diritto d'autore in fotografia

“Buongiorno, ho allegato le fotografie dell’evento. Per quanto riguarda i crediti, come possiamo gestirli?”
“Ciao Emanuela, grazie! Ti suggerisco di evitare di apporre la firma direttamente sulle foto; di solito, nella redazione, ritagliano le immagini in modo che le scritte non siano visibili.”
“Va bene. Allora ti fornisco la dicitura da inserire nella didascalia: ‘Foto di Emanuela Amadio’.”
“Mi dispiace, ma non posso garantirti che verrà pubblicata. Non rientra nelle politiche del giornale.”

Dopo qualche giorno, l’articolo è stato pubblicato con la tanto agognata didascalia che attribuiva i crediti alle mie foto. Tuttavia, oltre alle immagini che avevo inviato, il giornale ha incluso anche altri scatti sfocati realizzati con uno smartphone, erroneamente attribuiti a me.
Questo scambio di messaggi è tratto da una storia vera, avvenuta circa dieci anni fa, in occasione di un evento culturale che avevo seguito in qualità di fotografa.

No, non si tratta di disattenzione. È prassi comune in molte testate giornalistiche, sia grandi che piccole. Il rispetto del diritto d’autore in fotografia, attraverso la citazione dei cosiddetti crediti, viene spesso considerata superflua e sacrificabile, a differenza di quanto accade per chi firma l’articolo.

Come si comportano le riviste Come si comportano i magazine online in relazione al diritto d'autore in fotografia

Diritto d'autore in fotografia e quotidiani: alcuni esempirispetto del diritto d'autore in fotografia: come si comportano i quotidiani nazionali

Eppure le immagini giocano un ruolo importante nel racconto di un evento, in un’inchiesta di cronaca o sulla pagina di apertura di un qualsiasi quotidiano. Sono il punto in cui l’occhio si posa, ancor prima dei titoli di giornale.

Questa noncuranza per le immagini nasconde una cultura fotografica manchevole, soprattutto in Italia.

Diritto d’autore in fotografia: come si comportano le testate giornalistiche?

Basta osservare i principali quotidiani nazionali per capire quanto le fotografie siano considerate una produzione di serie B.

Diritto d'autore in fotografia: l'esempio del Corriere della Sera
Screenshot da Il Corriere della Sera: non sono presenti didascalie né crediti

 

Diritto d'autore in fotografia: l'esempio di RaiNews
Screenshot da Rainews. Breve didascalia e agenzia

 

L'esempio di The Guardian e il diritto d'autore in fotografia
Screenshot da The Guardian, didascalia completa con descrizione, autore, agenzia e piattaforma

 

Gli scenari più ricorrenti sono tre, come si può vedere dagli screenshot dei siti web di alcuni quotidiani presi in esame:

  • la didascalia manca completamente.
  • viene menzionata solo l’agenzia da cui il giornale ha acquistato l’immagine
  • viene descritta l’immagine senza citare il fotografo che l’ha realizzata


Il primo passo per attivare un cambiamento è diventare fruitori consapevoli. Dobbiamo riconoscere che l’immagine, proprio come l’articolo che stiamo leggendo, è stata creata da un/a professionista che possiede competenze tecniche, esperienza e la capacità di leggere e interpretare il contesto.

Xavier Desmier, autore della fotografia utilizzata da The Guardian
Sito web del fotografo Xavier Desmier, autore della fotografia utilizzata da The Guardian

Come rispettare il diritto d’autore in fotografia? Indicazioni e consigli per utilizzare correttamente il materiale fotografico

Cosa possiamo diventare, concretamente, dei fruitori consapevoli?
Ecco cinque semplici consigli per rispettare il diritto d’autore in fotografia e contribuire a diffondere la cultura fotografica!

  1. Quando pubblichi una foto famosa sui social media, puoi inserire una didascalia che cita l’autore o l’autrice dell’immagine. Se hai a disposizione informazioni come luogo e anno dello scatto, puoi aggiungerle.Esempio di post social che rispetta il diritto d'autore in fotografia
  2. Quando pubblichi una foto che ti ritrae, puoi inserire il tag della persona – amatore o professionista – che ha scattato la tua nuova foto profilo. È un modo concreto per esprimere gratitudine e comunicare chiaramente che la foto non è un autoritratto, ma è stata realizzata per te da qualcun’altro;Esempio di post social in cui viene rispettato il diritto d'autore in fotografia
  3. Mentre svolgi una  ricerca di immagini sul web, presta attenzione alle fonti fotografiche e privilegia siti attendibili che forniscono crediti e informazioni dettagliate sulle fotografie. Effettuare una ricerca inversa con strumenti come Google Lens può aiutarti a verificare le fonti fotografiche e fugare ogni dubbio;Fotografia e rispetto del diritto d'autore
    Ricerca fotografica sul web e diritto d'autore in fotografia
    In molti siti web italiani la foto è erroneamente attribuita a Henri Cartier Bresson, ma In realtà si tratta di uno scatto di Martine Frank, seconda moglie di Bresson. Basta verificare sul sito dell’Agenzia Fotografica Magnum

     

  4. Quando trovi una foto che ti piace durante una ricerca sul web, rinomina il file nel momento in cui lo scarichi sul tuo dispositivo, includendo i crediti fotografici. In questo modo, sarà più facile ritrovarla in futuro e condurre ulteriori ricerche sulla produzione del fotografo;Rispettare il diritto d'autore in fotografia: esempi pratici
  5. Nella creazione di locandine o materiali visivi, ricordati di inserire i crediti delle fotografie usate come sfondo. Se stai cercando immagini liberamente utilizzabili e modificabili per i tuoi progetti grafici, puoi consultare archivi online come Pexels o Unsplash, che offrono foto con licenze Creative Commons.

Il percorso per essere fruitori consapevoli inizia qui, dalle piccole azioni quotidiane, come condividere contenuti visivi sui social o fare ricerche fotografiche online. Citare l’autore o l’autrice di uno scatto non è solo un comportamento gentile, ma un modo concreto per contribuire a diffondere la cultura fotografica nel rispetto del diritto d’autore.

Quali di questi consigli mettevi già in pratica?
Lasciaci un commento per raccontarci la tua esperienza.

Cosa sono le fake news? Storia di una pratica sempre esistita

Il termine fake news, o bufala mediatica, è entrato ormai nel linguaggio comune ed è un fenomeno in costante crescita, alimentato nell’ultimo anno dall’infodemia pandemica, un sovraccarico di informazioni che in alcuni casi ha influenzato la vita delle persone e l’opinione pubblica su temi sociali ed economici rilevanti.
Cosa sono le fake news e da dove nascono? Lo vedremo insieme in questo articolo, che ha l’obiettivo di ripercorrere l’origine delle fake news e la sua evoluzione nell’era digitale.

 

Fake news: cosa sono

Le fake news sono delle notizie completamente o parzialmente false, diffuse con l’obiettivo di instillare nelle persone idee e convinzioni a supporto di una causa esterna. Spesso ha connessioni con interessi politici, economici e sociali e, per conquistare i lettori, alimenta pregiudizi, paure e istinti.
L’enciclopedia Treccani definisce così le fake news: 

“Locuzione inglese entrata in uso nel primo decennio del XXI secolo per designare un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità, quest’ultima alimentata da un sistema distorto di aspettative dell’opinione pubblica e da un’amplificazione dei pregiudizi che ne sono alla base, ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti.”

Siamo dunque di fronte a un’espressione figlia del nostro secolo, la cui diffusione è diventata globale a partire dal 2016, dopo l’elezione di Donald Trump. Nel 2017 infatti il neoeletto presidente degli Stati uniti fece ampio uso del meccanismo delle fake news per rafforzare la sua campagna contro i mezzi di informazione, operazione pesantemente criticata nel 2018. Le conseguenze prodotte dalla diffusione di notizie mendaci sono direttamente collegate al concetto di postverità, ossia una verità distorta costruita sulle emozioni e le convinzioni dell’opinione pubblica, che è lontana dalla realtà ma che orienta il pensiero. Uno stratagemma perfetto per chi cerca consensi facili!
Il fenomeno delle fake news si è poi diffuso in tutto il mondo e l’avvento della pandemia lo si può considerare come il primo vero scontro con la gestione della nuova comunicazione di massa e la diffusione sistematica di contenuti falsi. Nel XXI secolo infatti l’informazione è diventata multicanale e immediata e internet, dando spazio a tutti, è il luogo ideale per creare dal basso notizie infondate, puntando sulla velocità di diffusione per creare viralità. Dai primi dati del 2020, l’informazione mondiale ne esce molto penalizzata, perché di fatto non ha saputo organizzare, gestire e diffondere un’informazione basata sui fatti e coerente con quanto accadeva. Ha dimostrato tutte le sue debolezze e adesso sarà importante reagire promuovendo nuovi approcci e nuove metodologie di selezione dei dati. 

Le fake news nel 2020
Il 2020 passerà alla storia come l’anno del Coronavirus, che ha scatenato un’epidemia internazionale, sconvolgendo la quotidianità di tutte le persone del pianeta e mettendo a dura prova le economie mondiali. La pandemia da Covid-19 è stata inoltre la prima pandemia all’epoca dei social e questo aspetto non è di poco conto in relazione all’argomento che stiamo affrontando. Il web infatti, e in particolare i social network, sono stati la primaria fonte di diffusione di informazioni false, con il risultato di confondere le persone e di tenerle in un perenne stato di agitazione. Secondo un’indagine della Polizia Postale, nel 2020 c’è stato un +436% di denunce di fake news e un +353% di messaggi di “alert”, evidenziando uno stato d’emergenza per la credibilità di tutto il settore dell’informazione.
Internet infatti con la sua vocazione alla pluralità e con la possibilità di dare parola a chiunque sia in grado di creare una notizia o di aprire un profilo pubblico, ha messo a dura prova il controllo delle informazioni, con il risultato di trovare notizie false diffuse anche dagli organi tradizionali, proprio per la difficoltà di risalire alle fonti e di vagliare con attenzione la veridicità di quanto diffuso.
Il rapporto Ital Communications del Censis ha messo in luce quanto le fake news abbiano influenzato il pensiero degli italiani sul Covid. Il 38,6% degli italiani ad esempio è convinto che il virus sia stato creato in laboratorio e sfuggito per sbaglio, mentre il 4,6% della popolazione, circa 2 milioni e 300.000 persone, ritiene ci sia una connessione tra il Coronavirus e la rete 5G. 
L’incontro costante con le fake news, soprattutto in rete, risale però al periodo prepandemico. Secondo i dati di Eurobarometro, nel 2019 il 71% degli europei e il 63% degli italiani si imbatteva in almeno una fake news al mese, aumentando così il rischio di condividere informazioni non veritiere. La pandemia ha dunque accelerato un processo già in atto, creando una produzione di informazioni eccessiva e causando nella maggior parte della popolazione una confusione diffusa. Sempre secondo il Censis infatti il 49,7% degli italiani ritiene che la comunicazione pandemica sia stata confusionaria e per il 39,5% ansiogena, tutti fattori che compromettono anche l’attendibilità della comunicazione ufficiale. Il Ministero della Salute, per correre ai ripari, ha realizzato una sezione ad hoc per informare sulle fake news maggiormente diffuse nell’ambito della comunicazione sanitaria collegata al Covid-19, ma può bastare un solo canale ufficiale per far fronte ad una diffusione così ampia? 

Ciò che occorre più di ogni altra cosa è un’adeguata campagna di informazione sull’utilizzo degli strumenti digitali, che possa aiutare gli utenti a capire come smascherare le fake news e neutralizzarne gli effetti. Su questo l’Italia è ancora un po’ indietro perché, se da un lato si è abbassato il digital divide con un maggior accesso alle piattaforme online, dall’altro è aumentata l’information gap, ossia la capacità di discernere le informazioni e capire quali provengono da fonti attendibili e quali è importante scartare.  Le fake news si nutrono proprio di queste mancanze e, in alcuni casi, complici le verosimiglianze con fatti realmente accaduti o con episodi straordinari della realtà, riescono a fare breccia nella mente di tantissime persone.
Questa modalità non è nuova alla storia del mondo. La diffusione di notizie false a scopi politici, economici e sociali affonda infatti le proprie radici nella notte dei tempi e alcune fake news sono diventate epiche per la loro eccezionalità.

Le fake news più famose della storia
La fake news più clamorosa, che ha inciso in maniera importante sulla crescita di quello che diventerà lo Stato della Chiesa, è la Donazione di Costantino, un documento che parlava di una donazione fatta dall’Imperatore romano Costantino a papa Silvestro, a seguito di una sua miracolosa guarigione dalla lebbra. Il documento fu dichiarato falso nel 1500 da Domenico Valla, ma ormai lo stato della Chiesa era diventato già una potenza globale, puntando anche sul prestigio di una validazione che veniva direttamente dall’impero.
Un’altra fake news di matrice storica è legata a Napoleone Bonaparte. Nel febbraio del 1814, il celebre generale francese fu dichiarato morto. La notizia, sebbene non fosse stata immediatamente confermata dagli organi ufficiali, sconvolse così tanto la popolazione che ebbe fortissime ricadute sulla borsa di Londra, che crollò di colpo. Gli autori della diffusione della falsa notizia erano proprio degli investitori che hanno poi guadagnato sul crollo dei titoli governativi. Fu accusato però del misfatto Sir Thomas Cochrane, un membro del Parlamento inglese ed eroe navale, che riuscì a riottenere titoli e prestigio solo dopo diversi decenni.
Passando a fake news legate ad eventi straordinari, come non citare le tesi complottiste intorno allo sbarco sulla Luna? Tra le fake news più famose ci sono quelle relative alla bandiera che sventola, che in realtà non sventola, ma è semplicemente stropicciata dal viaggio, e la teoria secondo la quale le foto e le riprese dello sbarco siano state costruite in studio. A 50 anni da una conquista epica, ancora c’è chi la ritiene solo un fotomontaggio.
Arrivando ai giorni nostri, una delle più sorprendenti fake news che hanno scosso l’America nel 2016, è quella della presunta nascita dell’ex presidente degli Stati Uniti Barak Obama in Africa e non negli Stati Uniti, dato questo che avrebbe reso incostituzionale la sua elezione. Per diventare infatti Presidente degli Stati Uniti d’America è obbligatorio nascere in territorio statunitense.  Sono circolati in rete diversi certificati di nascita, tra i quali ricordiamo quello di Honolulu, nelle isole Hawaii, e in Kenya, con addirittura la foto di un piedino del neonato. Dopo accesi dibattiti, smentite e dubbi, fu lo stesso Donald Trump a dichiarare pubblicamente che la notizia fosse una fake news.
Questa carrellata di notizie ci dà la possibilità di capire a quale livello possano arrivare le fake news e quali ricadute possano generare. Diventa dunque fondamentale saperle riconoscere per non innescare meccanismi di diffusione, anche involontari, che potrebbero provocare danni economici e sociali importanti. 

Come riconoscere e neutralizzare le fake news
Le notizie, come possiamo constatare ogni giorno, viaggiano velocemente in rete e questa velocità è il segreto del loro successo. Il primo passo per poterle individuare è dunque quello di dedicare qualche minuto all’analisi di una news che si pensa di condividere. Cominciamo dal titolo: guardando ad una news ciò che ci colpisce è principalmente il titolo e le immagini correlate. Tanto più è sensazionale il titolo, tanto più la nostra attenzione viene colpita. A questo punto dovrebbe scattare il primo campanello d’allarme.  I titoli sensazionalistici fanno spesso leva sugli argomenti caldi del momento o su situazioni emozionali che colpiscono subito. Prima di dare credito a quanto stiamo leggendo osserviamo con attenzione il titolo, la foto correlata e il sito dalla quale è presa. 
Se non conosciamo la fonte, è meglio accertarsi della notizia da fonti attendibili, che potrebbero essere siti ufficiali collegati all’argomento, quotidiani nazionali e/o canali di informazione autorevoli.
Passiamo poi al contenuto della notizia: bisogna badare bene a com’è scritto l’articolo. Notate se ci sono riferimenti a fatti precisi, a persone correlate al fatto e a luoghi specifici: maggiori sono le informazioni, maggiore è la probabilità che la notizia sia vera.
In base a queste valutazioni è possibile smascherare le fake news più diffuse online, ma è importante acquisire molta pratica con la navigazione online per capire quanto si è di fronte a teorie complottistiche o al fenomeno nascente della pseudoscienza. Le fake news infatti evolvono in vere e proprie bolle di informazioni che sfruttano le funzionalità dell’algoritmo per proporre a persone sensibili a determinate tematiche notizie molto simili con contenuti errati per facilitare la diffusione. Formarsi sull’utilizzo degli strumenti digitali e accedere al web con consapevolezza è dunque un obiettivo da perseguire a breve e lungo termine.

La Scuola di Comunicazione Gentile promuove percorsi dedicati all’educazione digitale, con particolare riferimento ai fenomeni del web come cyberbullismo, fake news e hate speech.
Partire dalla consapevolezza nell’utilizzo degli strumenti web è il più valido aiuto alla neutralizzazione di pratiche lesive della validità di piattaforme come i social network e i siti internet. Educare al web è un modo per evidenziarne le funzionalità e le opportunità con la finalità di renderlo uno strumento a supporto della formazione, dell’intrattenimento e dell’informazione, e non un luogo virtuale nel quale emergono discorsi d’odio, disinformazione e pratiche discriminatorie.